In un’importante Sentenza resa in merito alle conseguenze derivanti dall’inottemperanza all’ordine di demolizione, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha enunciato il principio dell’irretroattività della sanzione amministrativa pecuniaria ex art. 31, comma 4 bis, D.P.R. n. 380/2001, nel caso in cui la mancata demolizione delle opere abusive si sia consumata prima dell’entrata in vigore della L. n. 164/2014 che ha introdotto il summenzionato comma 4 bis.
Il caso.
La vicenda giudiziaria trae origine dal ricorso promosso dalla nuda proprietaria di un fondo, alla quale era stata notificata un’ordinanza di demolizione di opere abusive realizzate in epoca anteriore all’acquisto della proprietà.
Nelle more del giudizio, l’Amministrazione comunale procedente ha accertato l’inottemperanza all’ordine demolitorio e, per l’effetto, ha disposto l’acquisizione dell’immobile abusivo al proprio patrimonio ed ha irrogato la sanzione pecuniaria ai sensi dell’art. 31, comma 4 bis, D.P.R. n. 380/2001, quantificata nella misura massima di € 20.000 in ragione della realizzazione dell’abuso in un’area sottoposta a vincolo paesaggistico.
La nuda proprietaria, quindi, ha impugnato anche il provvedimento sanzionatorio rilevando che l’inottemperanza si era verificata prima dell’introduzione del predetto comma 4 bis ad opera del D.L. n. 133/2014, convertito con modifiche dalla L. n. 164/2014.
Il TAR adito ha respinto il ricorso, e la proprietaria ha quindi proposto appello innanzi al Consiglio di Stato censurando la statuizione di primo grado nella parte in cui aveva legittimato l’irrogazione della sanzione pecuniaria in quanto, secondo il TAR, l’inottemperanza alla demolizione era proseguita anche dopo l’introduzione della norma sanzionatoria che, quindi, ha trovato applicazione.
La Sesta Sezione del Consiglio di Stato, nel giudizio di appello, ravvisando la presenza di contrasti giurisprudenziali in merito alla natura dell’illecito edilizio sanzionatorio, avente riflessi anche riguardo all’applicazione temporale del citato comma 4 bis, ha rimesso il ricorso all’esame dell’Adunanza Plenaria.
La Sentenza: Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, Sent. n. 16/2023.
Nell’esaminare la questione, l’Adunanza Plenaria ha dapprima richiamato i poteri di vigilanza e repressione degli abusi edilizi posti in capo ad un’Amministrazione comunale, disciplinati dagli artt. 27 e 31 del Testo Unico Edilizia (D.P.R. n. 380/2001).
Quindi, il Consiglio di Stato ha delineato la struttura dell’intervento repressivo comunale di cui all’art. 31, distinguendolo in quattro fasi: i) la prima fase è quella di verifica ed accertamento della realizzazione di un abuso edilizio, per interventi realizzati in assenza o in difformità al Permesso di Costruire, che si conclude con l’adozione dell’ordinanza con cui si ingiunge al proprietario ed al responsabile di rimuovere l’abuso entro il termine di 90 giorni; ii) la seconda prende avvio dopo il decorso del termine in precedenza ingiunto, per verificare che le opere abusive siano state effettivamente demolite o meno; iii) la terza fase, invece, interviene in caso di mancata rimozione delle opere illecite, da cui consegue l’applicazione di due sanzioni ulteriori e distinte dall’ordine di demolizione, ossia l’acquisizione di diritto del bene e dell’area di sedime al patrimonio comunale e l’irrogazione della sanzione amministrativa pecuniaria: tali sanzioni non sono volte a punire l’illecita realizzazione di opere edilizie, bensì la mancata ottemperanza all’ordine demolitorio; iv) la quarta ed ultima fase attiene alle modalità con le quali il Comune intende gestire i beni abusivi acquisiti, posto che l’Amministrazione, oltre a demolire le opere a spese del possessore, può decidere di mantenerle in presenza di rilevanti interessi pubblici e sempre che l’abuso non contrasti con rilevanti interessi urbanistici, ambientali o di rispetto dell’assetto idrogeologico.
Il Collegio, altresì, ha precisato la natura “amministrativa” dell’illecito edilizio, distinguendola da quella penalistica, ed evidenziando che la realizzazione di opere abusive si estrinseca in una condotta commissiva che arreca un danno perdurante ai valori tutelati costituzionalmente dagli art. 9, 41, 42 e 117 Cost., cui corrispondono il potere/dovere dell’Amministrazione di reprimere l’abuso e l’obbligo per l’autore di eliminarlo.
L’inottemperanza all’ordinanza di demolizione, invece, si configura come un illecito di natura omissiva, che segue e si aggiunge alla realizzazione dell’abuso, punito con la perdita della proprietà del bene e l’irrogazione della sanzione pecuniaria: tali sanzioni, quindi, vengono irrogate in ragione del mancato adempimento dell’ordine impartito dall’Amministrazione comunale, che si configura come un illecito ad effetti permanenti e si consuma allo scadere del termine di 90 giorni assegnato con l’ordinanza di demolizione.
Con particolare riferimento alla sanzione economica, il Consiglio di Stato ha richiamato i principi espressi dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo[1] ed ha sottolineato la sua finalità preventiva, essendo volta a dissuadere la collettività dalla commissione di illeciti edilizi, oltre che a salvaguardare il territorio nazionale: il comma 4 bis dell’art. 31 D.P.R. n. 380/2001, pertanto, stabilisce la sanzione nei confronti del soggetto che ha omesso di adoperarsi per rimuovere gli abusi realizzati.
La sanzione ex art. 31, comma 4 bis, D.P.R. n. 380/2001, introdotta con la L. n. 164/2014.
Infine, il Collegio ha posto la sua attenzione sull’ipotesi in cui la predetta condotta omissiva sia stata compiuta in data antecedente all’introduzione della sanzione ex comma 4 bis, avvenuta con la L. n. 164/2014.
In primo luogo, nella Sentenza n. 16/2023 dell’Adunanza Plenaria sono stati rammentati i principi fissati dal vigente ordinamento, primo fra tutti il principio di irretroattività desumibile in materia sanzionatoria dall’art. 1 L. n. 689/1981 (ai sensi del quale “Nessuno può essere assoggettato a sanzioni amministrative se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima della commissione della violazione. Le leggi che prevedono sanzioni amministrative si applicano soltanto nei casi e per i tempi in esse considerati”) e dall’art. 11 Disp. prel. cod. civ. (“La legge non dispone che per l’avvenire: essa non ha effetto retroattivo”).
Assume particolare rilievo, secondo il Collegio, il principio della certezza dei rapporti giuridici: infatti, il soggetto che ha omesso di demolire le opere, prima dell’entrata in vigore della norma che introdotto la sanzione pecuniaria, ha agito nell’ambito di un quadro normativo che ricollegava all’inottemperanza unicamente la perdita della proprietà del bene trasferita di diritto al Comune.
Inoltre, sono stati rammentati i principi di tipicità e di coerenza: invero, posto che dopo il decorso del termine di 90 giorni il responsabile non può più rimediare all’abuso, avendone perso la titolarità, l’illecito omissivo non è più perdurante: per l’effetto, l’eventuale applicazione della sanzione pecuniaria a fattispecie omissive consumate prima della sua introduzione normativa implicherebbe punire un’omissione non più giuridicamente sussistente, essendo preclusa al responsabile qualsiasi possibilità di rimuovere gli abusi.
Sulla scorta di tali argomentazioni, dunque, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha enunciato il seguente principio di diritto: “la sanzione pecuniaria prevista dall’art. 31, comma 4-bis, del d.P.R. n. 380 del 2001 non può essere irrogata nei confronti di chi – prima dell’entrata in vigore della legge n. 164 del 2014 – abbia già fatto decorrere inutilmente il termine di 90giorni e sia risultato inottemperante all’ordine di demolizione, pur se tale inottemperanza sia stata accertata dopo la sua entrata in vigore”.
Infine, si evidenziano anche i seguenti ulteriori principi enunciati dal Consiglio di Stato nella Sentenza in esame, nella quale sono state affrontate anche altre rilevanti questioni attinenti, in particolare, l’imputabilità dell’inottemperanza all’ordine di demolizione e le relative conseguenze, anche in capo al nudo proprietario “incolpevole” degli abusi realizzati: “a) la mancata ottemperanza all’ordine di demolizione entro il termine da esso fissato comporta la perduranza di una situazione contra ius e costituisce un illecito amministrativo omissivo propter rem, distinto dal precedente illecito – avente anche rilevanza penale – commesso con la realizzazione delle opere abusive;
b) la mancata ottemperanza – anche da parte del nudo proprietario – alla ordinanza di demolizione entro il termine previsto dall’art. 31, comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001, impone l’emanazione dell’atto di acquisizione del bene al patrimonio comunale, tranne il caso in cui sia stata formulata l’istanza prevista dall’art. 36 del medesimo d.P.R. o sia stata dedotta e comprovata la non imputabilità dell’inottemperanza;
c) l’atto di acquisizione del bene al patrimonio comunale, emesso ai sensi dell’art. 31, comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001, ha natura dichiarativa e comporta – in base alle regole dell’obbligo propter rem – l’acquisto ipso iure del bene identificato nell’ordinanza di demolizione alla scadenza del termine di 90 giorni fissato con l’ordinanza di demolizione. Qualora per la prima volta sia con esso identificata l’area ulteriore acquisita, in aggiunta al manufatto abusivo, l’ordinanza ha natura parzialmente costitutiva in relazione solo a quest’ultima (comportando una fattispecie a formazione progressiva);
d) l’inottemperanza all’ordinanza di demolizione comporta la novazione oggettiva dell’obbligo del responsabile o del suo avente causa di ripristinare la legalità violata, poiché, a seguito dell’acquisto del bene da parte dell’Amministrazione, egli non può più demolire il manufatto abusivo e deve rimborsare all’Amministrazione le spese da essa sostenute per effettuare la demolizione d’ufficio, salva la possibilità che essa consenta anche in seguito che la demolizione venga posta in essere dal privato”.
[1]Sentenza Engel e altri c. Paesi Basi, 08 giugno 1976