Ottobre 1, 2024

PERMESSO DI COSTRUIRE DECADUTO E OPERE PARZIALMENTE ESEGUITE.
Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, Sentenza n. 14/2024

by sasti in Senza categoria

Con la recente Sentenza n. 14 del 30.07.2024[1] l’Adunanza Plenaria si è pronunciata sulle questioni rimesse alla sua attenzione con Sentenza non definitiva n. 2228 del 07.03.2024 (su cui vedasi anche l’articolo del 17 giugno scorso in queste NEWS ed in Sentenzedilizia)[2] del Consiglio di Stato, Sez. II, fornendo precisazioni sul “quale sia la disciplina giuridica applicabile alle opere parzialmente eseguite in virtù di titolo edilizio decaduto e che non siano state oggetto di intervento di completamento a seguito di un nuovo titolo edilizio[3]

In particolare, i quesiti su cui si è espresso il superiore organo di giustizia amministrativa vertono sulla corretta qualificazione delle opere parzialmente eseguite in virtù di un titolo valido ed efficace dopo che il titolo medesimo sia venuto a naturale scadenza.

I fatti di causa

Alla base della pronuncia n. 2228/2024 del Consiglio di Stato vi è una complessa vicenda relativa alla realizzazione di un’autorimessa interrata. 

Per la realizzazione della suddetta opera, l’impresa esecutrice dei lavori ha ottenuto un permesso di costruire, successivamente decaduto (ma mai annullato dall’Amministrazione comunale competente) per mancata ultimazione dei lavori entro il termine previsto nel titolo edilizio. 

L’Amministrazione comunale, in ragione dell’infruttuoso spirare del termine di ultimazione dei lavori, ha dichiarato, con proprio provvedimento, la decadenza del permesso di costruire rilasciato all’impresa e, di conseguenza, ha ordinato il ripristino dello stato dei luoghi come risultante in via antecedente all’esecuzione delle opere parzialmente eseguite in forza del permesso di costruire.

Il TAR, adito dall’impresa esecutrice dei lavori che ha impugnato l’ordine di demolizione, ha rigettato il ricorso di primo grado.

In particolare, il Giudice di prime cure ha affermato, posto che il permesso è decaduto per il decorso il termine di ultimazione dei lavori, che il mantenimento delle opere già realizzate presuppone comunque la possibilità di portare a compimento quanto iniziato (nel caso di specie, l’impresa non aveva potuto ultimare i lavori in quanto Il Comune per due volte aveva rigettato il progetto di completamento): secondo il TAR, diversamente opinando, dovrebbe ammettersi la possibilità per il privato titolare di un permesso di costruire di abbandonare l’opera incompiuta (specie se funzionalmente non autonoma) con conseguente ingiustificato deturpamento del contesto circostante.

Nel ricorso in appello, l’impresa ha sostenuto che le opere eseguite in virtù di un titolo edilizio valido, ma poi decaduto, non potrebbero essere oggetto di ordine di demolizione ai sensi dell’art. 31 del D.P.R. n. 380/2001 (T.U.E. – Testo Unico Edilizia), posto che tale norma sarebbe applicabile alle sole opere eseguite completamente sine titulo ovvero in difformità dello stesso.

La questione controversa

Dopo una breve ricostruzione della giurisprudenza, la seconda Sezione del Consiglio di Stato ha osservato che:

Il Collegio osserva che sulla questione si è ripetutamente espressa la giurisprudenza di questo Consiglio, affermando che la decadenza dal titolo edilizio per mancata ultimazione dei lavori nei termini – cioè per fatto imputabile al titolare e relativo alle modalità di utilizzo /inutilizzo del titolo – ha efficacia ex nunc e non ex tunc e quindi non implica l’obbligo di disporre la demolizione delle opere realizzate nel periodo di validità del titolo edilizio (le quali, perciò, non possono essere ritenute abusive) – ove queste risultino conformi al progetto approvato con il permesso di costruire – ma comporta semplicemente la necessità, per il titolare decaduto, di chiedere un nuovo permesso per l’esecuzione delle opere non ancora ultimate; in mancanza di proroga o rinnovo del titolo, gli interventi effettuati successivamente alla decadenza del titolo risultano abusivi, il che comporta la legittimità dell’ordine di demolizione solo per quanto realizzato successivamente all’intervenuta decadenza, ma non per quanto realizzato in precedenza (Consiglio di Stato sez. VI, 27/06/2022, n.5258, 19/03/2021, ord n.1377 ed ivi richiam. Cons. St., IV, 6 agosto 2019 n. 5588).

Per Consiglio di Stato, sez. VI, 19 dicembre 2019 n. 8605, una eventuale decadenza del titolo edilizio per mancata ultimazione dei lavori nel termine triennale non consentirebbe la demolizione del manufatto, operando l’effetto decadenziale ex nunc e lasciando, pertanto, salve le opere a tale data già realizzate: <Invero, in una corretta interpretazione dell’articolo 15 del DPR n. 380 del 2001, la decadenza impedisce solo l’ulteriore corso dei lavori ma non determina illeceità urbanistica di quanto già realizzato nella vigenza del titolo edificatorio.

Come più sopra precisato, infatti, l’abusività dell’opera (e la sua conseguente demolizione) avrebbe potuto legittimamente predicarsi solo per effetto dell’annullamento del permesso di costruire per vizi di legittimità, determinazione questa nella specie mai assunta.>.

D’altra parte, si può osservare che, se l’art. 31 del D.P.R. 380/2001 ha previsto per gli “interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire” l’ingiunzione alla rimozione o alla demolizione, l’art. 38 dello stesso Decreto ha disciplinato il particolare caso di “interventi eseguiti in base a permesso di costruire annullato”, prevedendo la possibilità che in luogo dell’ingiunzione a demolire possa essere applicata dall’Amministrazione una sanzione pecuniaria che quindi lasci salve le opere.

Il Consiglio di Stato (cfr. ad es. sent. n. 6753/2018 della Sez. VI) ha evidenziato che l’art. 38 del DPR 380/2001 si ispira ad un principio di tutela degli interessi del privato, mirando ad introdurre un regime sanzionatorio più mite proprio per le opere edilizie conformi ad un titolo abilitativo successivamente rimosso, rispetto ad altri interventi abusivi eseguiti sin dall’origine in assenza di titolo, sì da ottenere la conservazione del bene (cfr. ex multis Consiglio di Stato Sez. VI, sent. n. 2155/2018).

Motivo per cui striderebbe con i principi ritraibili dall’esame comparativo di tali norme un’applicazione estensiva della più grave sanzione demolitoria ex art.31 in una fattispecie di opere eseguite in conformità ad un titolo (nemmeno rimosso ma semplicemente) decaduto.

D’altra parte, il Collegio osserva che l’orientamento del giudice di prime cure appare non irragionevole e tuttavia, in carenza di una norma che espliciti il regime delle opere parzialmente eseguite cui non faccia seguito il completamento dei lavori in virtù di un nuovo titolo (come nel caso in questione, in cui l’impresa si è vista respingere per due volte un progetto di completamento, in virtù di atti cui ha prestato acquiescenza), andrebbe esclusa l’applicazione analogica di una disciplina sanzionatoria espressamente circoscritta ad opere eseguite senza titolo (o in difformità dallo stesso).

Potrebbe, tuttavia, ritenersi che l’opera parziale costituisca un manufatto difforme dall’intervento edilizio autorizzato, e per questa via possa ritenersene precluso il mantenimento”.

Il quesito

Pertanto, con la Sentenza 2228 del 07.03.2024 il Consiglio di Stato ha rimesso all’Adunanza Plenaria la soluzione del seguente quesito:

quale sia la disciplina giuridica applicabile alle opere parzialmente eseguite in virtù di un titolo edilizio decaduto e che non siano state oggetto di intervento di completamento in virtù di un nuovo titolo edilizio”.

Le riflessioni dell’Adunanza Plenaria

Per rispondere al quesito, il massimo organo di giustizia amministrativa ritiene necessario in via preliminare circoscrivere la disciplina normativa applicabile; pertanto, richiama anzitutto l’art. 15 TUE in base al quale le opere assentite con permesso di costruire devono essere ultimate entro il termine previsto di tre anni. L’indicazione del termine all’interno del titolo risponde all’esigenza di avere certezza temporale riguardo le attività di trasformazione urbanistico-edilizia del territorio. Il mancato completamento delle opere entro il termine indicato determina la decadenza del titolo, salvo che l’interessato ne richieda previamente la proroga.

Più nello specifico, il Supremo Collegio distingue tra l’annullamento del permesso di costruire di cui all’art. 38 TUE, che produce effetti ex tunc e, dunque, rende le opere realizzate illecite, e la decadenza del permesso di costruire, che produce effetti ex nunc. La Sezione remittente ha sollevato il dubbio circa la riconducibilità dell’art. 31 alle opere realizzate sulla base del permesso di costruire dichiarato decaduto, poiché il menzionato articolo equipara alla fattispecie di edificazione senza titolo anche l’esecuzione di opere eseguite in totale difformità dal permesso di costruire, per tali intendendosi quelle che comportano la realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso per caratteristiche tipologiche plano-volumetriche o di utilizzazione da quello oggetto del permesso stesso”.

Per risolvere il contrasto, l’Adunanza Plenaria punta l’accento sulla distinzione tra opere parziali che siano autonome, scindibili e funzionali, e quelle che manchino di tali requisiti, riconducendo l’applicazione dell’art. 31 solo a queste ultime.

Invece, nel caso di opere parzialmente edificate ma che siano autonome funzionalmente, la casistica è variegata; ad esempio:

  • deve ritenersi “frazionabile” il permesso di costruire che riguarda un complesso di edifici, dei quali solo uno o solo alcuni sono stati in concreto realizzati;
  • nel caso di opere parzialmente edificate, autonome funzionalmente, che però presentino variazioni rispetto al titolo abilitativo, spetta al Comune stabilire, nell’esercizio del proprio potere di gestione del territorio, se esse risultino realizzate in conformità con il permesso di costruzione, ovvero se ricadano nella fattispecie ex art. 34, ovvero se possano essere sanate in base all’art. 36.

I principi enunciati dall’Adunanza Plenaria

In conclusione, al quesito posto dalla Sezione remittente può così rispondersi:

  • “in caso di realizzazione, prima della decadenza del permesso di costruire, di opere non completate, occorre distinguere a seconda se le opere incomplete siano autonome e funzionali oppure no;
  • nel caso di costruzioni prive dei suddetti requisiti di autonomia e funzionalità, il Comune deve disporne la demolizione e la riduzione in pristino ai sensi dell’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001, in quanto eseguite in totale difformità rispetto al permesso di costruire;
  • qualora il permesso di costruire abbia previsto la realizzazione di una pluralità di costruzioni funzionalmente autonome (ad esempio villette) che siano rispondenti al permesso di costruire considerando il titolo edificatorio in modo frazionato, gli immobili edificati – ferma restando l’esigenza di verificare se siano state realizzate le opere di urbanizzazione e ferma restando la necessità che esse siano comunque realizzate – devono intendersi supportati da un titolo idoneo, anche se i manufatti realizzati non siano totalmente completati, ma – in quanto caratterizzati da tutti gli elementi costitutivi ed essenziali – necessitino solo di opere minori che non richiedono il rilascio di un nuovo permesso di costruire;
  • qualora invece, le opere incomplete, ma funzionalmente autonome, presentino difformità non qualificabili come gravi, l’Amministrazione potrà adottare la sanzione recata dall’art. 34 del T.U.;
  • è fatta salva la possibilità per la parte interessata, ove ne sussistano tutti i presupposti, di ottenere un titolo che consenta di conservare l’esistente e di chiedere l’accertamento di conformità ex art. 36 del T.U. nel caso di opere “minori” (quanto a perimetro, volumi, altezze) rispetto a quelle assentite, in modo da dotare il manufatto – di per sé funzionale e fruibile – di un titolo idoneo, quanto alla sua regolarità urbanistica”.